Il capostipite Pitturino "che frescava le case marinesi"
Elba Report: 02/05/2025 09:15:48
Era già un po’ che pensavo per una delle Figurine Marinesi a Pittturino, Domenico (Domenichino) Lupi, il capostipite dei Pitturini, un uomo nato nel 1900 (il 25 maggio), quando il nuovo secolo era così giovane che odorava ancora di ‘800 e di speranza per il futuro e non si sentiva ancora il fetore delle due carneficine mondiali. Poi mi è arrivato un messaggio di Paolo Ferruzzi che mi informava che quest’estate assieme al figlio Silvestre faranno una mostra all’Accademia del Bello sulle case affrescate di Poggio. Ferruzzi scrive che «Nell’impostarla ci stiamo rendendo conto delle concordanze stilistiche che si ritrovano nelle decorazioni delle case di Poggio e in molte decorazioni delle case di Marciana Marina facendo pensare (spesso) ad un'unica “mano” d’artista» e anche lui si ricordava di un certo “Pitturicchio” che “frescava” le case alla Marina. Forse era un Mazzei? Certo è che abitava in quel gruppo di case aggregate attorno ad una Cappellina e site (più o meno) nel curvone tra la fabbrica dell’Acqua dell’Elba e i campi da tennis. Ne hai mai sentito parlare? Mi potresti, eventualmente, dare ulteriori notizie attorno a questo personaggio o (detta alla Mazzantini) figurina marinese?».
Eccolo lì Pitturino, che io ho conosciuto già da vecchio, nonno di Roberto Pitturino – somigliante come una goccia d’acqua al nipote Pietro, disegnatore anche lui - col quale ho fatto tutte le scuole fino all’IPS. E proprio a Roberto Pitturino ho telefonato per saperne di più e, come sempre, è stato una miniera di informazioni.
Domenichino era, quando l’ho conosciuto, un uomo mite, quasi fragile, ma con negli occhi il bagliore dell’intelligenza e dell’arte e con un parlare forbito, che dipingeva la realtà con le parole minuziose di un vecchio che aveva dipinto il mondo con il pennello e la zappa. Parlandoci, guardandolo, sembrava di leggere un libro di poesie del tempo che fu.
Come mi ha raccontato Roberto, Domenichino era il maggiore di 11 fratelli nati da due matrimoni e che vivevano all’Ontanelli. La cappellina della quale parla Paolo Ferruzzi e quella di Sant’Ilario, accanto alla grande casa dove visse fino alla morte uno dei fratellastri di Domenichino: Pietro il sordo, ex operaio forestale, comunista/anarchico, anticlericale ma che sapeva a memoria la vita di tutti i papi e le date del loro regno. Un Bertoldo marinese – scarpe grosse e cervello fino – che ogni tanto spunta come un fauno silvestre nelle Figurine.
Anche Domenichino era un simpatizzante dell’anarchia e del socialismo, ma era soprattutto così bravo a disegnare che divenne un allievo del grande pittore Llewelyn Lloyd ed è così che diventò Pitturino e dipinse magnifici quadri e affrescò chiese e ville signorili, restando però un contadino che tirava su le pesche più buone di Marciana Marina e faceva uno dei vini migliori della vallata.
Io, che pur lo conoscevo e mi fermavo volentieri ogni tanto a parlare alla Soda con quell’uomo forbito e gentile – come un ragazzino può parlare con un vecchio saggio che ne sa molto più di lui – non avevo mai pensato che gli affreschi che ogni tanto avevo visto in qualche casa fossero suoi, né mai lui me lo disse. Credevo che il soprannome Pitturino che aveva passato a figli e nipoti fosse per il suo mestiere di imbianchino che iniziò a fare dopo che era troppo vecchio per dipingere mondi sui muri.
Della sua immensa bravura me ne accorsi un giorno che la moglie dell’Ammiraglio Murzi, la Signora Giannina, già ultranovantenne, mi invitò a casa sua in via del Ruotone – a due passi da casa mia, la stessa dove ancora vivo – per parlarmi di qualcosa. Entrando in quella casa mi accorsi subito dei muri completamente affrescati e poi, nella saletta dove parlammo, quando la Signora Giannina accese la luce, esplose sulle pareti un mondo colorato, un paesaggio infinito e bucolico, fatto – almeno così lo ricordo – di mare (o forse un lago o un grande fiume), boschi che toccavano l’acqua, pescatori, vita quotidiana, animali… Un dipinto avvolgente che, ispirandosi ai quadri seicenteschi e settecenteschi del Regno delle due Sicilie, li trasformava in qualcosa di familiare e allo stesso tempo esotico, un mondo bucolico, mai visto, forse il mondo ideale di Pitturino. A me sembrò un incrocio tra l’esotismo dei libri di Emilio Salgari e il sogno di un uomo che quel mondo avrebbe voluto vederlo, un presepe esotico, pacifico, lussureggiante e bello. Come il mondo di pace e giustizia che sognava quell’uomo gentile.
E il Pitturino aveva probabilmente letto Salgari, sapeva di Sandokan, tigri e pirati, perché non solo aveva fatto la terza elementare (cosa non scontata all’epoca), ma perché come dice Roberto, «Aveva una innata voglia di sapere ed assorbire notizie e cultura generale».
Quando faceva l’imbianchino, ci si accorse che a volte Pitturino era lentissimo nel consegnare il lavoro: si bloccava per leggere le pagine dei giornali ché i proprietari delle case mettevano sul pavimento perché non venisse schizzato di pittura. Ogni pennellata una pagina da leggere per capire cosa succedeva nel mondo, ogni spostamento di scala e secchio di vernice un’altra pagina scritta che lo attirava come miele. Alla fine gli vietarono di mettere i giornali per terra e i committenti gli facevano già trovare vecchi cartoni o preziosi fogli di carta solo perché finisse il suo lavoro senza distrazioni culturali.
Era come se il mondo lo cercasse per sfamare la sua vorace voglia di cultura ed educazione, di sapere e conoscere ed era attratto dai giornali e dai libri come una falena dalla luce.
Ma Pitturino era soprattutto un uomo probo: in vita sua non ha mai detto parolacce o bestemmie. Il nipote Roberto ricorda che diceva: «Perdindirindina, la bestemmia sta nella bocca dell'ignorante!».
Domenichino era uno spirito libero che non ha mai voluto essere inquadrato in uno schema preciso e a volte, quando l'autoritaria "nonna Inese", sua moglie, voleva che facesse qualcosa che a lui non piaceva ribatteva: «Non voglio essere sottomesso, perdinci baccone!».
Quest’uomo dai molti talenti dimenticati, che ha allevato e sfamato 8 figli e figlie con la pittura e l’agricoltura, che ha visto guerre e subito lutti terribili, ha attraversato la vita dipingendo mondi e muri e dando vita alla dinastia dei Pitturini, una stirpe che continua a ramificarsi come la foresta che vidi sul muro della casa dell’Ammiraglio Murzi.
Pitturino se ne è andato silenzioso e lieve come la sua vita il 18 aprile del 1977 e ora sarebbe davvero bello mettere insieme i suoi dipinti (si firmava DLupi) che restano e salvare gli affreschi che restano del Pitturino, un uomo gentile con gli uomini e il mondo che ha vissuto affamato di conoscenza e bellezza.
Umberto Mazzantini
grazie a Roberto Lupi
Fonte: https://www.elbareport.it/corsivo/item/73073-il-capostipite-pitturino-che-frescava-le-case-marinesi